PSA

L’ANTIGENE PROSTATICO SPECIFICO – PSA

Il range di normalità è tra 0-4 ng\ml, anche se tale riferimento non va preso in senso assoluto; infatti, circa un 30% dei tumori prostatici confinati alla prostata, viene identificato con un psa tra 2,5 e 4 ng\ml, in questi casi è opportuna la valutazione del psa velocity.

Il PSA può essere considerato l’unico marcatore da utilizzare routinariamente nei pazienti con patologia prostatica. La PAP (Fosfatasi Acida Prostatica) fornisce infatti informazioni meno accurate del PSA in pressoché tutte le situazioni cliniche e non dovrebbe essere più utilizzata.

Il PSA è una serin-proteasi callicreino-simile prodotta principalmente dal tessuto prostatico. In realtà, si è dimostrato che il PSA viene prodotto anche da altri distretti corporei nei quali sembra sia soggetto a regolazione ormonale. Tuttavia, solo il PSA prodotto dalla prostata raggiunge livelli ematici quantitativamente significativi e come tali di rilevanza clinica. Quindi, da un punto di vista pratico, il PSA può essere considerato ancora oggi un marcatore specifico per il tessuto prostatico.

Il PSA circola nel sangue sia libero che legato a inibitori enzimatici quali l’antichimotripsina e l’alfa-2-macroglobulina. I metodi immunometrici comunemente disponibili riconoscono il PSA libero ed il PSA legato all’antichimotripsina, mentre non riescono a misurare il PSA legato all’alfa-2macroglobulina. La percentuale di PSA libero rispetto al PSA totale è maggiore nei pazienti con ipertrofia prostatica che nei pazienti con cancro della prostata. Aumenti del PSA, fino a 10-20 volte rispetto ai valori normali nelle forme acute, sono riscontrabili anche nelle prostatiti, meno spiccati nelle forme croniche, con variabili rapporti fra PSA libero e PSA totale. Recentemente, sono state identificate e studiate altre forme di PSA circolante: il pro-PSA ed il PSA intatto, con attività enzimatica conservata. Inoltre, continua la valutazione del significato dei livelli ematici della hK2 (human Kallikrein 2), proteasi che ha il ruolo biologico di clivare il pro-PSA in PSA. I primi risultati delle valutazioni cliniche in corso mettono in evidenza il possibile ruolo diagnostico sia delle nuove forme di PSA che della hK2 nei casi con PSA totale compreso nel range di normalità. Tuttavia, anche questi nuovi biomarcatori sono ancora in fase di valutazione iniziale. Pertanto il loro impiego deve essere rigorosamente limitato a ricerche finalizzate alla loro valutazione ed i risultati della loro eventuale determinazione non devono essere riportati nel referto del laboratorio.

Analogamente ai biomarcatori in valutazione per la caratterizzazione biologica, l’unica raccomandazione sostenibile riguarda la metodologia di studio, che deve rispettare le raccomandazioni della GLP (Good Laboratory Practice) e/o NCCLS (National Committee for Clinical Laboratory Standards), nonché seguire le indicazioni recentemente fornite dallo STARD (Standards for Reporting of Diagnostic Accuracy).

Il metodo di dosaggio

È oggi un dato acquisito dai programmi di controllo di qualità nazionali e internazionali che metodi di dosaggio diversi possono fornire risultati diversi di PSA nello stesso campione di sangue. Questo è dovuto a diverse variabili biologiche, fra le quali la principale è la presenza nei campioni ematici di PSA libero e PSA legato all’antichimotripsina. Queste due diverse frazioni vengono infatti entrambe misurate dai metodi immunometrici commercialmente disponibili. Tuttavia l’architettura del singolo metodo, i diversi anticorpi utilizzati e, soprattutto, le caratteristiche dello standard utilizzato nei diversi dosaggi condizionano la capacità di misurare in modo equimolare il PSA libero ed il PSA legato all’antichimotripsina. Sono stati messi recentemente in commercio kit per il dosaggio del PSA coniugato. Rispetto a quelli per il dosaggio del PSA libero, questi avrebbero il vantaggio della maggiore stabilità nel tempo. Infatti, il dosaggio del PSA libero deve essere effettuato sul siero fresco, a breve distanza dal prelievo. La recente disponibilità di uno standard internazionale di riferimento ha ridotto consistentemente la variabilità fra i risultati ottenuti con metodi differenti. La variabilità legata al metodo rimane invece ancora elevata per il dosaggio del PSA libero. Considerato che il PSA libero viene espresso in rapporto al PSA totale, in caso di dosaggio di entrambe le forme la variabilità legata al libero fa sì che il risultato sia ancora metodo-dipendente. Quindi, da un punto di vista pratico, è comunque opportuno attenersi alle seguenti indicazioni:

  • nel monitoraggio di un dato paziente è consigliabile raccomandare al paziente di eseguire gli esami sempre nello stesso laboratorio;
  • il laboratorio dovrebbe segnalare quale metodo viene utilizzato e quando il metodo venga eventualmente cambiato;
  • il dosaggio del PSA dovrebbe essere eseguito solo in laboratori che partecipino a programmi di controllo di qualità interlaboratorio;
  • gli intervalli di riferimento per il rapporto PSA libero/totale dovrebbero tener conto del metodo utilizzato per il dosaggio del PSA libero Gli intervalli di riferimento riportati in letteratura per fasce di età vanno considerati con cautela e dovrebbero essere sempre intesi come indicazione di massima.

Cause di valori falsamente positivi di PSA

Il PSA può essere falsamente elevato in presenza di prostatite acuta, d’infarto prostatico e di ritenzione urinaria. Per quanto riguarda le metodiche diagnostiche, la biopsia prostatica può causare incrementi anche rilevanti (fino a 50 volte) del PSA. Dopo la biopsia i valori di PSA tornano ai livelli pre-biopsia lentamente (anche 30-60 giorni). È pertanto raccomandabile eseguire sempre una determinazione basale di PSA prima della biopsia. L’effetto dell’esplorazione rettale sembra limitato e comunque ristretto ai casi con valori di PSA medi o elevati (>10 ng/m1). Pertanto, l’esplorazione rettale non modifica sostanzialmente il significato decisionale del PSA, in quanto i valori dell’antigene variano all’interno di un intervallo in cui vengono comunque suggerite strategie diagnostiche e terapeutiche. In altre parole, un PSA che varia da 12 a 14 o da 20 a 25 ng/ml non modifica le decisioni che verranno prese. Ma è anche vero che, quando si vogliono valutare le variazioni del PSA indotte da un eventuale trattamento, sia nel caso del cancro sia dell’ipertrofia prostatica benigna, è necessario conoscere il valore basale dell’antigene. In questo caso, ogni variazione quantitativa del PSA indotta dall’esplorazione rettale può compromettere una corretta valutazione delle variazioni successive dell’antigene. Quindi, quando è possibile, è raccomandabile eseguire il prelievo per il PSA prima della esplorazione rettale o almeno 24 ore dopo la manovra.

Per quanto riguarda altre manovre, l’uso del catetere a dimora può causare un incremento del valore ematico del PSA, mentre l’effetto dell’ecografia transrettale è stato valutato solo aneddoticamente e non è possibile per ora stabilirne l’esatta influenza sui valori plasmatici dell’antigene. Dal punto di vista operativo, va comunque considerata buona norma, ove possibile, eseguire il dosaggio del PSA prima di ogni manovra diagnostica.

Fra le altre cause di variazione dei livelli circolanti di PSA, va riportata anche l’eiaculazione. Anche se i rapporti fra eiaculazione e livelli ematici di PSA sono controversi, esistendo un nesso biologico per una possibile interferenza dell’attività sessuale sui livelli ematici dell’antigene, è consigliabile suggerire ai pazienti di eseguire la determinazione del PSA ad almeno 24 ore di distanza da ogni attività sessuale.

PSA e finasteride: un problema emergente

La finasteride inibisce in modo competitivo la conversione da testosterone a deidrotestosterone agendo sulla 5-alfa-reduttasi. Il farmaco induce una riduzione delle dimensioni della ghiandola prostatica e viene frequentemente usato nel trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna. La finasteride causa, fra l’altro, quasi un dimezzamento dei livelli di PSA, che raggiunge un livello di plateau fra 3 e 6 mesi dopo l’inizio del trattamento. Questo comportamento è abbastanza costante e si verifica nella maggior parte dei pazienti trattati.

Considerata la prevalenza del cancro prostatico nella popolazione con ipertrofia prostatica benigna, un abbassamento dei livelli di PSA indotto farmacologicamente può compromettere l’utilità diagnostica del marcatore per la neoplasia prostatica. Pertanto, da un punto di vista operativo, si può suggerire la seguente condotta nei pazienti nei quali sia indicato il trattamento con finasteride:

  • eseguire un prelievo basale del PSA prima d’iniziare il trattamento
  • eseguire un secondo dosaggio di PSA a 6 mesi dall’inizio del trattamento: se il livello di PSA si è ridotto del 50% o più rispetto al valore di partenza, continuare il monitoraggio clinico ed eseguire il dosaggio di PSA ogni 6 mesi; se il valore del PSA non si è ridotto di almeno il 50% rispetto al valore basale, si dovrebbe prendere in considerazione l’ipotesi della concomitante presenza di un carcinoma prostatico iniziale e seguire l’opportuno iter diagnostico. Una strategia analoga dovrà essere utilizzata qualora si verifichino incrementi del PSA durante il follow-up di pazienti in trattamento con finasteride.

Criteri decisionali

Il PSA viene generalmente valutato con riferimento a un valore soglia positivo/negativo calcolato sulla base della distribuzione del marcatore nei soggetti normali. Il valore soglia più utilizzato è 4 ng/ml. Tuttavia, un dilemma diagnostico critico è rappresentato dalla sovrapposizione fra soggetti con cancro confinato all’organo e soggetti con ipertrofia prostatica che presentano spesso valori di PSA fra 4 e 10 ng/ml. Inoltre, è sempre più consistente il problema di porre diagnosi di carcinoma in pazienti con PSA inferiore a 4.0 ng/ml in quanto il 25-30% dei pazienti con neoplasia confinata alla ghiandola presentano un PSA compreso fra 2.5 e 4.0 ng/ml. Oggi il valore di 4.0 ng/ml deve essere considerato un livello soglia positivo/negativo convenzionale, caratterizzato da un basso valore predittivo sia negativo che positivo, non più adeguato come criterio decisionale.

Per aumentare l’efficienza diagnostica del marcatore sono state proposte diverse alternative.

PSA density

La PSA density esprime il rapporto fra il PSA e le dimensioni misurate ecograficamente della ghiandola, e si basa sul fatto che la quantità di PSA prodotto per grammo di tessuto è molto maggiore nel cancro che non nell’ipertrofia. La PSA density aumenterebbe in effetti l’accuratezza diagnostica del PSA nei pazienti in cui il valore del marcatore è fra 4 e 10 ng/ml.

Tuttavia, la sua interpretazione è complicata dalle seguenti variabili:

  • il differente rapporto, in soggetti diversi, fra tessuto ghiandolare (che produce PSA) e stroma (che non produce PSA);
  • il possibile errore nella determinazione ecografica del volume prostatico;
  • il diverso rapporto con l’età fra l’incremento del PSA e l’incremento delle dimensioni della ghiandola.

Il riferimento del PSA al volume ecografico della sola zona transizionale sembra incrementare l’efficacia diagnostica di questo approccio, ma manca ancora una chiara dimostrazione in tal senso.

Intervalli di riferimento aggiustati per età

Il PSA è notoriamente più elevato nei pazienti più anziani. L’incremento di PSA dipende in parte dall’incremento del volume della ghiandola con l’età, in parte da altre variabili, quali l’ischemia o l’infarto prostatico o la presenza di episodi subclinici di prostatite. Quindi, l’incremento del PSA con l’età è maggiore di quanto ci si dovrebbe attendere in relazione all’aumento di volume della ghiandola. L’uso d’intervalli di riferimento diversi per pazienti con diverse età ha il vantaggio di rendere il marcatore più sensibile nei pazienti più giovani e più specifico nei soggetti più anziani. Questo criterio è senz’altro promettente e dovrebbe essere verificato su casistiche adeguate. A titolo di esempio, si riporta una tabella che mostra gli intervalli di riferimento aggiustati per l’età suggeriti da tre diversi studi pubblicati recentemente.

PSA totale – Intervalli di riferimento aggiustati per fascia d’età

Decade PSA ng/ml (95%ile della decade)
40-49 2.3 - 2.5
50-59 3.5 3.5 3.5
60-69 5.0 5.4 4.5
70-79 6.0 6.3 6.5
Casi valutati 1000 728 549

Da questi dati emergono due diverse indicazioni:

  • il PSA aumenta significativamente con l’età anche nei soggetti senza patologia;
  • gli intervalli di riferimento ottenuti in studi diversi, anche se mostrano uno stesso andamento, non sono sovrapponibili.

Pertanto, non si ritiene raccomandabile l’uso degli intervalli di riferimento aggiustati per età come criterio decisionale routinario nella pratica clinica.

Rapporto PSA libero/PSA totale

Come si è detto, il dosaggio del PSA libero rappresenta uno strumento diagnostico efficace per il cancro prostatico. Infatti, il rapporto PSA libero/PSA totale ha una sensibilità diagnostica migliore sia del PSA totale sia del PSA libero, se valutati individualmente. Questo è dovuto al fatto che i pazienti con neoplasia prostatica hanno una quota di PSA libero circolante ridotta rispetto ai pazienti con ipertrofia prostatica benigna. Si deve ricordare tuttavia che i dosaggi commerciali per il PSA libero presentano ancora un livello non soddisfacente di standardizzazione. I risultati sono quindi parzialmente metodo-dipendenti. L’uso routinario del PSA libero deve attenersi alle seguenti raccomandazioni:

  • il PSA libero non va usato da solo, ma va sempre dosato in associazione con il PSA totale ed espresso in rapporto a quest’ultimo. Il dosaggio del PSA libero, valutato singolarmente, ha una sensibilità diagnostica non migliore di quella del PSA totale;
  • il rapporto PSA libero/totale deve essere usato solo in fase di approccio diagnostico.
    Il PSA libero/totale NON deve essere usato nella stadiazione, nel postoperatorio, nel monitoraggio a lungo termine e nel monitoraggio della terapia (radioterapia, endocrinoterapia, chemioterapia) in quanto non esistono evidenze che ne supportino una qualche efficacia in tali scenari clinici;
  • il rapporto PSA libero/totale va utilizzato solo nei casi di valori di PSA totale compresi fra 2.5 e 20.0 ng/ml. Infatti, nei casi con PSA <2.5 o >20 ng/ml il quesito diagnostico è di più facile soluzione, mentre il rapporto PSA libero/totale ha problemi d’interpretazione che devono ancora essere valutati;
  • la scelta del valore soglia del PSA libero/totale dipende dal quesito diagnostico. Se si intende usare il PSA libero/totale per aumentare la specificità e ridurre il numero di biopsie non necessarie nell’anziano, converrà utilizzare una valore soglia elevato; se invece si vuole usare il test per aumentare la sensibilità diagnostica per identificare un numero maggiore di neoplasie confinate all’organo in soggetti con maggior attesa di vita, converrà scegliere un valore soglia più basso. È opportuno ricordare che il valore soglia del PSA libero/totale è in parte metodo dipendente. Dovrà quindi essere calcolato su una propria popolazione di riferimento o ricavato dalla letteratura relativa al metodo utilizzato. Il valore di cut-off del rapporto PSA libero/PSA totale pari al 14%, come suggerito da alcuni Autori, è quindi solo vagamente indicativo. A scopo schematico si può dire che un rapporto inferiore al 10% esprime, con ogni probabilità, una patologia maligna, mentre un rapporto superiore al 20% è associato, quasi sempre, ad una patologia benigna della prostata. Non mancano, però, le eccezioni.

 PSA velocity

Un altro criterio diagnostico promettente è il tasso d’incremento di PSA nel tempo. Sembra infatti che la variazione quantitativa su base annuale tra prelievi seriati di uno stesso paziente sia più significativa del valore assoluto del PSA nella diagnosi differenziale tra cancro ed ipertrofia. Nel cancro della prostata, l’incremento del PSA suole superare 0,75 ng/ml per anno o subire incrementi annui del 20% rispetto ai valori iniziali.

Va tuttavia tenuto presente che questo approccio richiede un buon controllo della variabilità analitica del metodo e la conoscenza delle fluttuazioni intraindividuali del marcatore non legate alla presenza di malattia. La PSA velocity è pertanto un approccio diagnostico interessante dal punto di vista biologico, che per altro necessita di un’accurata standardizzazione prima di un possibile impiego routinario. Per adottare questo criterio, sono necessarie ripetute determinazioni del PSA, preferibilmente ad intervalli trimestrali, per un periodo minimo di un anno, ma preferibilmente per diversi anni. È ovvio che tale principio non consente conclusioni in tempi brevi.

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